lunedì 24 febbraio 2025

"Il Ramadan attraverso i miei occhi: un'esperienza indimenticabile"

 

Il 01 Marzo di quest'anno segna l'inizio del Ramadan 2025. Il Ramadan è un periodo di profonda introspezione e crescita personale, offre una bellezza che trascende le barriere religiose. Anche se non sono musulmano, dirigendo alcune comunità di giovani immigrati, prevalentemente musulmani, ho avuto la fortuna di  osservare da vicino le loro vite durante questo mese sacro. Questa esperienza mi ha permesso di comprendere il Ramadan da una prospettiva unica, difficile da comprendere se non la si vive così intensamente.

Il Significato del Ramadan

Il Ramadan commemora il momento in cui, secondo la tradizione islamica, il Corano è stato rivelato al profeta Maometto. Questa rivelazione, conosciuta come Laylat al-Qadr o la Notte del Potere, si crede avvenga in una delle ultime dieci notti dispari del Ramadan. È un mese in cui i musulmani si astengono dal mangiare, bere, fumare e avere rapporti sessuali dall'alba al tramonto, rispettando così uno dei Cinque Pilastri dell'Islam. Questo digiuno, noto come Sawm, è visto come un atto di purificazione spirituale e di autocontrollo, progettato per avvicinare i credenti a Dio (Allah) e rafforzare la loro fede.

Oltre agli aspetti visibili e pratici, il Ramadan ha significati esoterici profondi. È un tempo di introspezione e riflessione spirituale, con l'obiettivo di purificare l'anima, sviluppare la pazienza e migliorare la propria morale. Il digiuno è visto come un mezzo per risvegliare la coscienza spirituale e per promuovere la simpatia e la solidarietà con i meno fortunati.

Durante il Ramadan, i musulmani osservano vari rituali che scandiscono le loro giornate. Il Suhoor, il pasto prima dell'alba, è il momento in cui si preparano al digiuno quotidiano. Al tramonto, l'Iftar segna la fine del digiuno, iniziando spesso con il consumo di datteri e acqua, seguendo la pratica del Profeta Maometto. Oltre alle cinque preghiere quotidiane obbligatorie, molti musulmani partecipano alle preghiere notturne note come Tarawih e cercano di recitare o leggere l'intero Corano almeno una volta durante il mese.

Il digiuno non è solo un atto di astensione dal cibo e dalle bevande dall'alba al tramonto, ma anche un'opportunità per purificare il corpo, la mente e l'anima. Questo atto di devozione e riflessione trova paralleli in molte altre tradizioni spirituali.

L'Esperienza Personale

Io ripenso con affetto alle sere passate in attesa di spezzare il digiuno insieme ai ragazzi della mia comunità. C’era un senso di eccitazione e gioia palpabile, mentre il sole tramontava e il cielo si riempiva di colori caldi. Era il momento in cui ci riunivamo, con il cuore colmo di gratitudine e felicità, pronti a gustare i datteri e l'acqua che segnavano l'inizio dell'Iftar. Quelle serate erano caratterizzate non solo dal cibo, ma anche dalle risate, dalle conversazioni profonde e dalla condivisione di storie e speranze.

Durante il giorno, nella nostra comunità regnava una calma unica. Di solito, tra i ragazzi – erano pur sempre adolescenti – non mancavano piccoli conflitti, così come qualche tensione con me, il loro punto di riferimento in una terra sconosciuta. Molte di queste difficoltà nascevano dalla frustrazione per la burocrazia complessa o per il repentino cambio delle leggi, che da un giorno all’altro potevano trasformarli da naufraghi accolti a 'pericolosi' clandestini. Eppure, durante il Ramadan, tutto sembrava placarsi: tornavamo a essere solo uomini e donne, uniti da qualcosa di più grande.

Le preghiere dell’imam, trasmesse dai cellulari, diventavano un sottofondo costante nelle nostre giornate. Per loro, il digiuno non era solo una privazione fisica, ma un atto di fede e di resistenza interiore. Alla loro giovane età, avevano già conosciuto violenze indicibili durante il 'viaggio' che li aveva portati qui in Italia e ne affrontavano di nuove ogni giorno. Tuttavia, nei loro cuori ardeva la fiamma del coraggio, una forza silenziosa che li spingeva avanti nonostante tutto.

La Consapevolezza nel Pasto Serale

Il momento dell'Iftar non è solo la fine del digiuno, ma un atto di consapevolezza profonda. Nella tradizione Zen, Thich Nhat Hanh insegna che mangiare è un'esperienza spirituale, un'opportunità per connettersi con il cibo, con chi lo ha prodotto e con la terra da cui proviene. Durante il Ramadan, questo atto assume un significato ancora più intenso. 

Ogni boccone è il frutto del lavoro di molte mani, della fatica di chi ha seminato, coltivato, raccolto e cucinato. Essere consapevoli di questo processo trasforma il pasto in un rito di gratitudine e presenza. Nell'attesa dell'Iftar, si crea un momento unico di sospensione, in cui il desiderio di nutrirsi si unisce alla riflessione su tutto ciò che ha reso possibile quel pasto.

Un Confronto tra Tradizioni

Il digiuno durante il Ramadan e la ricerca spirituale sono presenti in molte tradizioni religiose. Nella tradizione cristiana, la Quaresima dura circa 40 giorni. Questo periodo culmina nella Pasqua. Nell’ebraismo, lo Yom Kippur è un giorno di digiuno e preghiera dedicato all’espiazione. Nel Buddhismo Theravada, il Vassa è un periodo di ritiro monastico e digiuno che dura tre mesi, seguendo il ritmo delle stagioni.

Tuttavia, il Ramadan si distingue non solo per la sua durata, ma anche per l’intensità della partecipazione collettiva. Ogni giorno di questo mese sacro è caratterizzato da un'immersione spirituale profonda. In molte culture, il digiuno assume un ruolo iniziatico, permettendo ai praticanti di superare i desideri e le distrazioni del corpo e della mente. Attraverso il digiuno, sia durante il Ramadan che in altre tradizioni, si abbraccia uno stile di vita più semplice e centrato, riducendo la dipendenza dai beni materiali e dalle comodità quotidiane.

Il digiuno è spesso utilizzato per sviluppare l'autodisciplina e la resilienza mentale. Durante il digiuno, i praticanti sono incoraggiati a essere consapevoli delle sensazioni fisiche e delle emozioni che emergono. Questo processo porta a una comprensione più profonda del proprio corpo e delle sue esigenze, contribuendo a una maggiore connessione con se stessi e con il momento presente.

Il digiuno giornaliero del Ramadan, così come il digiuno in altre tradizioni, quindi può essere interpretato come una forma di digiuno iniziatico, un percorso di crescita personale e spirituale. Entrambe le pratiche ci invitano a riflettere sulle nostre abitudini, a riscoprire il valore della semplicità e a coltivare una connessione più profonda con noi stessi e con il mondo che ci circonda.

Vivere da vicino questa esperienza è stato qualcosa di indimenticabile: un percorso di crescita personale senza pari. Sebbene la gestione della comunità sia durata solo pochi anni, la ricordo come un periodo straordinariamente intenso, profondamente toccante e, soprattutto, formativo. Ogni giorno era un nuovo capitolo di scoperte e sfide, un viaggio nell'anima che ha lasciato un'impronta indelebile.

Il Mio Augurio

Voglio dedicare un pensiero speciale ai fratelli musulmani, in particolare ai "miei" ragazzi, coloro che hanno vissuto, anche solo per una settimana, l'esperienza di Casa Garibaldi e Crescere Insieme. Auguro loro un mese di pace, benedizioni e crescita spirituale, con la speranza che possano riabbracciare i loro cari, in Italia o altrove, se questo è il loro desiderio. Che il Ramadan sia per ciascuno un momento di serenità, forza e rinnovata fede.

Che sia anche un tempo di pace e speranza per tutti coloro che, ovunque nel mondo, lottano per la dignità, la giustizia e la libertà.

Un pensiero particolare va ai fratelli e alle sorelle palestinesi, a chi inizierà questo sacro mese tra le macerie, privato della propria casa e della sicurezza. Che il mondo non distolga lo sguardo dal loro dolore e che la loro resistenza sia riconosciuta e sostenuta. Possa il Ramadan portare loro, nonostante tutto, un raggio di speranza e la certezza di non essere soli.

Buon Ramadan a tutti!


lunedì 17 febbraio 2025

"Anime" e Spiritualità: Un Ponte tra Antica Saggezza e Nuove Generazioni

Come molti altri, anch'io ho iniziato a guardare agli anime con un misto di sufficienza e disinteresse, pensando che fossero legati esclusivamente alla cultura giapponese. In parte, questo è vero, poiché gli anime sono profondamente radicati nelle tradizioni e nella storia del Giappone, inoltre, in Occidente, c'è anche una percezione in certe "elite" culturali che gli anime siano apprezzati principalmente da giovani disimpegnati che cercano di imitare modalità culturali non nostre. Questo pregiudizio, ammetto, mi ha tenuto inizialmente distante da questo genere.

Gli "Anime" sono le opere commerciali di animazione di produzione giapponese; in Giappone invece il termine comunemente indica tutti i tipi di animazione, sia quelli prodotti in patria sia quelli importati dall'estero. I primi esempi commerciali di anime risalgono al 1917, ma è solo negli anni sessanta, grazie soprattutto all'influenza delle opere e delle pratiche produttive di Osamu Tezuka, che il medium ha acquisito le sue caratteristiche salienti. Nel corso dei decenni successivi gli anime hanno ottenuto grande popolarità in Giappone e all'estero, e dagli anni novanta godono di una distribuzione e di un richiamo globale

Mi sono ricreduto! Però tranquilli non sono diventato un "otaku", (parola di origine giapponese che identifica i seguaci della cultura dei manga e degli anime), almeno per il momento..

Negli ultimi decenni, gli anime si sono affermati come un fenomeno culturale globale, conquistando il cuore di spettatori di tutte le età. Tuttavia, oltre alle storie di avventura e alle emozionanti battaglie, esiste un lato più profondo degli anime che spesso rimane inesplorato: il loro potenziale nel trasmettere temi spirituali ed esoterici, che incredulo ho scoperto. 

Volente o dolente gli anime oggi sono un mezzo di comunicazione potente verso le nuove generazioni. In una società sempre più digitalizzata, molti giovani trovano difficile avvicinarsi alla spiritualità o alla ricerca di consapevolezza attraverso i mezzi tradizionali, come i libri o le comunità. E' certamente un effetto della tecnologia che oggi usiamo quotidianamente e che porta tutti a noi vivere sempre più isolati ma connessi. Ma gli anime addentradoci nel contesto, invece, offrono un'alternativa accessibile e coinvolgente per esplorare questi temi. Le serie animate giapponesi sono in grado di fondere antica saggezza orientale con pratiche moderne, creando un ponte tra passato e presente. L'influenza giapponese nella narrativa occidentale è evidente nell'estetica visiva e narrativa degli anime e manga come Akira, Neon Genesis Evangelion e le opere dello Studio Ghibli. Questi hanno influenzato non solo i media audiovisivi, ma anche la prosa narrativa, ispirando scrittori occidentali a utilizzare tecniche di narrazione che alternano realtà e fantasia.

Esplorazioni Spirituali negli Anime
Gli anime esplorano temi profondi e spirituali in modi unici e coinvolgenti. Neon Genesis Evangelion è un viaggio nell'anima umana che affronta domande esistenziali e spirituali, invitando gli spettatori a riflettere sulla propria identità, solitudine e significato della vita. 

Mushishi esplora l'equilibrio e la connessione spirituale con la natura attraverso le misteriose creature chiamate "Mushi". Serial Experiments Lain sfida gli spettatori a considerare le connessioni tra il mondo digitale e quello spirituale, sollevando questioni su realtà, identità e spiritualità. Fullmetal Alchemist: Brotherhood tratta temi di alchimia, sacrificio, redenzione e l'equilibrio tra vita e morte, riflettendo sulla ricerca della verità e sulla connessione tra tutti gli esseri viventi. Natsume's Book of Friends (Natsume Yuujinchou) offre lezioni di compassione, comprensione e accettazione attraverso le interazioni del protagonista con spiriti e demoni. La serie Serial Experiments Lain  è un continuo invito a riflettere su come il mondo digitale e quello spirituale si intersechino, ponendo domande esistenziali sulla natura della realtà, dell'identità personale e della spiritualità. La protagonista, Lain, sperimenta una continua dissoluzione dei confini tra il mondo fisico e quello virtuale, sollevando interrogativi su cosa sia veramente reale e su come la nostra identità sia influenzata dalle connessioni digitali, e tutto questo in una serie di fine anni '90.

L'importanza della Musica negli Anime e la sua connessione con la Consapevolezza
Oltre alle trame e ai personaggi, la musica gioca un ruolo cruciale nell'esperienza emotiva e spirituale degli anime. Le colonne sonore e le sigle non solo amplificano il significato delle scene, ma spesso trasmettono messaggi profondi legati alla lotta interiore, alla crescita personale e alla ricerca del significato. 
Un esempio emblematico è la sigla di apertura di Attack on Titan (Shingeki no Kyojin), che con il suo testo evocativo richiama la necessità di lottare per la libertà e per il proprio destino. La canzone esprime la volontà incrollabile di combattere di fronte alle avversità, un messaggio che si riflette anche in molte filosofie spirituali.
"Nessuno ricorda i nomi dei fiori calpestati
Uccelli caduti attendono il prossimo vento prima di tentare ancora
Anche se avete pregato, non cambierà niente
Solo la volontà di combattere può cambiare il nostro mondo."

Questi versi incarnano un'idea chiave presente in molte correnti spirituali: la trasformazione personale e collettiva non avviene solo attraverso la fede, ma tramite l'azione consapevole e la determinazione. La musica negli anime non è solo un elemento di accompagnamento, ma diventa un vero e proprio veicolo di emozioni e riflessioni profonde.

Anime come Strumento di Consapevolezza e Crescita
Gli anime non sono solo intrattenimento; sono anche un mezzo potente per trasmettere valori e insegnamenti spirituali. In un'epoca in cui la mindfulness e altre pratiche di consapevolezza sono sempre più popolari, gli anime rappresentano un'estensione naturale di queste filosofie. Attraverso storie avvincenti e personaggi complessi, gli spettatori sono invitati a riflettere su se stessi e sul mondo intorno a loro. La musica, con le sue melodie evocative e testi profondi, amplifica ulteriormente questo effetto, rendendo il messaggio ancora più potente.

Rompere gli Stereotipi

Tuttavia, oltre a essere una forma di intrattenimento, questi prodotti "pop" hanno svolto un ruolo cruciale nel rompere e rielaborare gli stereotipi ad es. quelli di genere, creando nuovi modelli di riferimento per le nuove generazioni. Una delle caratteristiche distintive dei manga e degli anime è la capacità di presentare personaggi che sfidano i ruoli tradizionali di genere. 

In molte opere, le eroine sono dotate di forza fisica, coraggio e indipendenza, caratteristiche spesso riservate ai personaggi maschili nei media occidentali. Un esempio iconico fù Sailor Moon, che combina la dolcezza e la compassione con una determinazione inflessibile. 

D'altro canto, protagonisti maschili come quelli presenti in "My Hero Academia" mostrano vulnerabilità emotiva e sensibilità, offrendo un'immagine di mascolinità più realistica e accessibile. Serie come "Ranma ½" esplorano il tema del cambiamento di genere, sfidando i confini tra maschile e femminile e aprendo un dialogo su cosa significhi veramente essere uomo o donna. Allo stesso modo, personaggi androgini come Haku di "Naruto" offrono rappresentazioni che sfidano le aspettative tradizionali di genere, incoraggiando gli spettatori a pensare oltre i binari convenzionali.

L'importanza di queste rappresentazioni va quindi oltre il semplice intrattenimento. Le nuove generazioni trovano nei manga e negli anime modelli di ruolo con cui possono identificarsi o da cui trarre ispirazione. La rappresentazione di diverse identità di genere e orientamenti sessuali permette a molte persone di sentirsi viste e accettate. Inoltre, i personaggi che sfidano gli stereotipi offrono nuove prospettive e incoraggiano i giovani a esplorare e abbracciare la loro identità.


Una Riflessione Personale

Molti storceranno il muso sentendo parlare di anime e spiritualità, anime ed esoterismo. Do per scontato che questo avvenga, dato che la cultura occidentale, con il suo punto di vista occidental-centrico, è ferma a una visione antica e chiusa. Tuttavia, chi è predisposto all'apertura potrebbe cogliere, anche nel semplice atto di guardare la TV, messaggi profondi che dall'Oriente ancora arrivano. Gli anime, con le loro storie profonde e personaggi complessi, non sono solo un mezzo di intrattenimento, ma anche uno strumento potente per esplorare e trasmettere temi spirituali, esoterici e di crescita personale. 

Fortunatamente, l'interesse per la cultura giapponese sta crescendo anche in Occidente, favorendo un approccio più inclusivo e meno pregiudizievole. In un'epoca in cui la spiritualità è spesso messa da parte, gli anime possono fungere da ponte tra antica saggezza e moderne pratiche di consapevolezza, offrendo ai giovani un modo unico e coinvolgente per riflettere su se stessi e sul mondo che li circonda.

Oggi possiamo dire che esiste una spiritualità digitale che ha un forte impatto sulla società moderna: Le parole d'ordine di questa sono: accessibilità e inclusività, reti globali e dialogo interculturale, supporto emotivo e psicologico, innovazione e servizi ma anche superficialità e sovraccarico di informazioni. Ma questo è un tema che magari affronteremo un altra volta. 

venerdì 14 febbraio 2025

Esoterismo e Filosofie Orientali: Un Viaggio tra Simboli, Miti e Percorsi di Illuminazione

 

Ci sono momenti nella vita di ognuno di noi in cui, dopo anni di studio e ricerca, ci si rende conto che le connessioni tra diverse tradizioni spirituali non sono solo casualità accademiche, ma qualcosa di più profondo, quasi inevitabile.

Per esempio la Massoneria, con il suo ricco bagaglio di simboli e rituali: tanti, misteri: pochi, non è semplicemente un prodotto della cultura occidentale. Se osserviamo con attenzione, notiamo che i suoi valori, per chi li ha ben compresi, e il suo percorso iniziatico risuonano sorprendentemente con alcune grandi filosofie orientali, come il Buddismo e il Taoismo.

Non si tratta solo di somiglianze superficiali: al contrario è una visione condivisa della crescita interiore, del lavoro su se stessi, della ricerca di equilibrio e armonia. Un’idea che, in modi diversi, attraversa il tempo e lo spazio, dal Tempio di Salomone ai monasteri zen, dalle logge massoniche alle antiche scuole taoiste. Quando, tantissimi anni fa, iniziai a studiare il "fenomeno" massonico per la prima volta, ebbi l’impressione di varcare la soglia di un mondo antico, dove ogni gesto e ogni parola hanno un significato nascosto. La Massoneria si nutre e nutre i suoi "figli" di simboli e allegorie, un linguaggio che invita a guardare oltre il visibile.

Uno dei racconti chiave della tradizione massonica è la storia di Hiram Abif, il leggendario architetto del Tempio di Salomone. Secondo il mito, Hiram possedeva un segreto fondamentale sulla costruzione del tempio, ma venne assassinato da tre compagni ansiosi di possederlo prima del tempo. La sua morte è un evento tragico, si perde la guida, si è persa la conoscenza e, al contempo, la promessa di una futura rinascita.

La Via della Massoneria e l’Ottuplice Sentiero Buddista

Ma questo non è il solo punto di contatto, sarebbe ben poco e nemmeno esclusivo; Il Buddismo ci insegna, al contrario dei miti delle religioni ebraico giudaiche molto presenti in Massoneria,  che l’illuminazione non è un dono divino, ma il risultato di un impegno costante su se stessi.

Per raggiungerla, il Buddha indicò un cammino in otto tappe, conosciuto come Ottuplice Sentiero:

• Retta visione

• Retto pensiero

• Retta parola

• Retta azione

• Retto modo di vivere

• Retto sforzo

• Retta consapevolezza

• Retta concentrazione

Se proviamo a sostituire la parola “retto” con “giusto” o “virtuoso”, possiamo riconoscere gli stessi valori fondamentali che un massone si impegna a incarnare. La ricerca della verità, la disciplina morale, il controllo delle proprie parole e azioni, l’importanza della consapevolezza… tutto questo è parte sia del cammino buddista che di quello massonico.

E proprio come in Massoneria l’obiettivo è trasformare la pietra grezza in pietra levigata, nel Buddismo si lavora per affinare la propria mente, liberandola dalle illusioni e dalle impurità.

Il viaggio è lo stesso: cambiano solo i simboli con cui lo raccontiamo.

Se il Buddismo e la Massoneria condividono un’idea di perfezionamento interiore, il Taoismo introduce un altro concetto fondamentale: l’equilibrio tra gli opposti.

Nella filosofia taoista, l’universo è governato dalle due forze complementari dello Yin e Yang. Nulla è mai completamente buio o completamente luminoso, nulla è statico, tutto è in continua trasformazione. Questo principio si riflette in molti simboli massonici, a partire dalle due grandi colonne che, secondo la tradizione biblica, sorgevano all’ingresso del Tempio di Salomone: Jachin e Boaz.

Queste colonne rappresentano, tra le altre cose, la dualità: forza e saggezza, maschile e femminile, attivo e passivo. Un’idea che troviamo anche nel Taoismo, dove il segreto dell’armonia sta proprio nel bilanciare le due forze opposte. Oppure nel pavimento a scacchi, tipico dei Tempi massonici.

E poi c’è il concetto di Wu Wei, il principio taoista dell’“azione senza sforzo”. Questo concetto da applicare nella vita di tutti i giorni  non implica restare fermi, per evitare che le cose accadano, ma piuttosto imparare a fluire con la natura delle cose, evitando di forzare ciò che non può essere cambiato. Sebbene possa sembrare distante dalla mentalità occidentale, tutta a tesa a programmare, progettar, immaginare e poi a soffrire delle conseguenze di obiettivi non raggiunti o  di aspettative disattese; questo concetto  in realtà risuona anche in alcuni principi massonici: ad esempio nel  lavoro su se stessi che non è solo un atto di pura volontà, seppur imprescindibile, ma una trasformazione che avviene nel tempo, con pazienza e consapevolezza.

Una cosa che la Massoneria ha dimostrato nel corso dei secoli è la sua capacità di adattarsi e di evolversi. Non è un sistema chiuso, ma un percorso aperto, che ha assorbito nel tempo influenze da mondi diversi, alcune volte anche negative.

Oggi, in un’epoca in cui le culture si incontrano più che mai, è lecito chiedersi: può questa  arricchirsi ulteriormente integrando insegnamenti orientali? In parte, questo sta già accadendo. Ci sono logge in Asia che, pur mantenendo la ritualità classica, hanno introdotto elementi delle tradizioni locali.  In certe logge europee e americane e anche italiane, si inizia a riflettere su un simbolismo più universale, che tenga conto delle diverse tradizioni spirituali. Alcuni massoni hanno anche iniziato a esplorare pratiche come la meditazione, ispirandosi alle tecniche orientali di consapevolezza,  altri studiano il Taoismo e il Buddismo Zen come parte del loro percorso personale. Non si tratta di un cambiamento radicale, ma di un’evoluzione naturale, che potrebbe permettere alla Massoneria, pur conoscendo ed apprezzando l'esoterismo "classico", di rimanere un punto di riferimento per chi cerca la conoscenza e la crescita interiore nel mondo di oggi.

Personalmente, credo che questo sia un passaggio inevitabile. Quando ho iniziato a interessarmi alla Massoneria, vedevo i suoi simboli come qualcosa di esclusivamente occidentale. Poi, studiando il Buddismo zen e il Taoismo, ho cominciato a notare i punti di contatto. Oggi non riesco più a considerarli come percorsi separati: sono semplicemente modi diversi per raccontare la stessa storia.

La vera “fratellanza universale” che la Massoneria ha sempre proclamato non è solo tra gli uomini, e questo sarebbe già un gran passo avanti; ma ancor più tra le idee, tra le tradizioni, tra le strade che ci portano a cercare la verità.

Perché, alla fine, il viaggio è lo stesso per tutti: un cammino dalla pietra grezza alla pietra levigata, dall’ignoranza alla luce, dall’inconsapevolezza alla consapevolezza.

sabato 8 febbraio 2025

Consapevolezza, ego e azione.

Nel percorso personale di introspezione cerco di vivere con maggiore consapevolezza. Questo mi porta a riconoscere il mio ego: un vecchio amico di cui farei volentieri a meno, ma che, per compassione, porto comunque con me, cercando di non lasciarmi dominare. Come insegna il monaco Thich Nhat Hanh, “la consapevolezza è come il sole: quando splende su cose, queste vengono trasformate”. Essere consapevole del mio ego mi permette di integrarlo nel mio percorso e a piccoli passi, trasformarlo.

Attraverso le mie letture, ho avuto la fortuna di incontrare il pensiero di Alexander Berzin, studioso e praticante del Buddhismo tibetano. Discepolo di grandi maestri, ha dedicato la sua vita alla diffusione degli insegnamenti buddhisti in Occidente, concentrandosi sulla loro applicazione nella vita quotidiana. Grazie a lui ho iniziato a esplorare il concetto di "io" e la sua relazione con la felicità e l'infelicità. 

Secondo Berzin, tutti noi abbiamo un senso innato di "io", un centro dell'universo che si sveglia la mattina, attraversa la giornata tra emozioni e pensieri e si addormenta la sera. Questo "io" cerca costantemente la felicità e il modo di evitare i problemi, ma la vita non segue mai i nostri piani. Se impariamo a riconsiderare il nostro "io" e il suo rapporto con gli altri, possiamo sviluppare maggiore apertura, serenità e persino felicità, anche di fronte alle avversità.

L'addestramento mentale, o "lojong" in tibetano, ci insegna a cambiare il nostro atteggiamento verso la vita. Nel Buddhismo, la felicità è definita come una sensazione che, nel momento in cui la sperimentiamo, non vorremmo che finisse mai. È uno stato mentale che accompagna le nostre esperienze, fisiche o cognitive. Tuttavia, la vita è fatta di alti e bassi e il nostro umore non sempre riflette ciò che viviamo. Un atteggiamento mentale produttivo ci aiuta a non esagerare l'importanza delle nostre sensazioni e a vedere la realtà con maggiore equilibrio.

Uno degli insegnamenti fondamentali del lojong è superare l'egoismo e sviluppare empatia. Chiedersi chi sia più importante, se noi stessi o tutti gli altri messi insieme, aiuta a ridimensionare la nostra prospettiva e a migliorare il nostro benessere emotivo.

Un altro principio essenziale è l'impermanenza: tutto è in costante cambiamento. La nostra mente è come un oceano: in superficie si agitano le onde delle emozioni, ma nelle profondità regna la quiete. Comprendere l'impermanenza ci aiuta a restare calmi di fronte alle difficoltà e a vivere i momenti di gioia senza attaccamento eccessivo.

La consapevolezza non è un fine, ma uno strumento per agire con saggezza e compassione. Nessun individuo esiste in isolamento: siamo tutti interconnessi. Riflettere su come le nostre scelte – lo stile di vita, i consumi, la partecipazione alla società – influenzino il benessere collettivo è parte di questo percorso. Per questo, nel mio piccolo, mi sono sempre impegnato per i diritti civili, l'inclusione delle persone con disabilità, la tutela degli immigrati e la legalità. Ho partecipato ad esempio con passione e dolore a diverse esperienze sociali nell'arco della mia vita, perché credo che solo vivendo il presente con pienezza possiamo unire crescita interiore e azione concreta, contribuendo a un mondo più giusto e armonioso.

Nella mia ricerca ho scoperto i cinque addestramenti della consapevolezza, espressione pratica degli insegnamenti del Buddha sulle Quattro Nobili Verità e il Nobile Ottuplice Sentiero. 

Essi comprendono: il rispetto per la vita, la ricerca della vera felicità, il vero amore, l'ascolto profondo e un consumo attento, capace di nutrire sia il corpo che la mente.

Questo è uno dei percorsi possibili, certamente il mio, da affrontare giorno giorno come un viandante guidato da una lampada nell oscurità. Ma come dice il Dalai Lama, il più famoso monaco buddhista impegnato socialmente: "Ognuno di noi ha la responsabilità di tutta l’umanità. È tempo di pensare agli altri come veri fratelli e sorelle e di preoccuparsi del loro benessere, riducendo le loro sofferenze".

Per me, consapevolezza significa proprio questo: pensare di più al futuro e al benessere di tutta l’umanità.

mercoledì 5 febbraio 2025

Le sneaker come specchio della globalizzazione: tra mito, simbolo e consumo

Nel libro I piedi del mondo, Tommaso Ariemma ci porta in un viaggio affascinante attraverso la globalizzazione economica e le sue conseguenze sociali usando un oggetto che tutti conosciamo: le scarpe. Non scarpe qualsiasi, ma le sneaker Nike, che sono diventate molto più di un semplice accessorio. Oggi, le sneaker raccontano storie, esprimono personalità, desideri e perfino dinamiche di potere.

Basta guardarsi intorno: ovunque, dalle strade delle città alle passerelle di moda, le Nike sono un segno distintivo. Non sono solo scarpe sportive, ma un biglietto d’ingresso per un mondo fatto di stile e identità. Se prima servivano solo per correre o giocare, oggi rappresentano chi siamo e come vogliamo essere visti.

Per capire il successo delle sneaker, dobbiamo fare un salto nel passato. Da sempre, gli oggetti che usiamo ogni giorno hanno un valore che va oltre la loro funzione pratica. Pensiamo ai sandali dei faraoni egizi, che non erano semplici calzature, ma segni del loro potere divino. O alle scarpe dei patrizi romani, che indicavano il loro status sociale.

Col passare dei secoli, questa logica non è cambiata. Nel Medioevo, solo i nobili potevano permettersi certi materiali pregiati. Oggi, la produzione industriale ha reso molti di questi simboli accessibili a tutti, ma senza far perdere loro quel valore speciale. Le sneaker Nike giocano proprio su questa ambivalenza: sono alla portata di molti, ma mantengono un alone di esclusività. Walter Benjamin, in L'opera d'arte nell'epoca della sua riproducibilità tecnica, spiegava proprio questo fenomeno: anche se un oggetto viene prodotto in serie, può continuare a trasmettere un senso di unicità.

Nike non vende solo scarpe. Vende storie. E tra tutte, una delle più potenti è quella di Michael Jordan. Non è solo un campione del basket, ma un simbolo di determinazione, talento e successo. Le sue scarpe, le famose Air Jordan, sono diventate molto più di un prodotto: sono il sogno di chiunque voglia superare i propri limiti.

Joseph Campbell, con il suo monomito, ci ha insegnato che tutti gli eroi attraversano un viaggio fatto di sfide e crescita. Jordan incarna perfettamente questa narrazione, trasformando le sue scarpe in un’estensione della sua leggenda. E non è un caso che chi le indossa voglia sentirsi, anche solo per un attimo, parte di quel sogno.

Nel mondo esoterico, gli oggetti possono essere caricati di energia e diventare catalizzatori di potere personale. Le sneaker Nike, con il loro mito costruito attorno a figure eroiche, funzionano come moderni talismani del successo, della velocità e del superamento dei limiti umani. Non sono solo scarpe: sono strumenti che promettono trasformazione. Indossarle equivale a incorporare parte della loro energia simbolica, proprio come un tempo gli amuleti proteggevano e infondevano forza a chi li portava.

Nelle tradizioni esoteriche, i piedi rappresentano il contatto con la terra e il cammino dell’anima. Sono il fondamento dell’essere, il punto di equilibrio tra il cielo e il mondo materiale. Non è un caso che molte pratiche spirituali coinvolgano il simbolismo del cammino: il pellegrinaggio, il viaggio iniziatico, l’ascesa verso l’illuminazione. Indossare un paio di sneaker, nel linguaggio contemporaneo, può essere visto come un rituale moderno che esprime il desiderio di movimento, di conquista e di evoluzione personale.

Ma non tutte le scarpe raccontano storie di successo. Alcune parlano di dolore e denuncia. Un esempio potente sono le scarpe rosse, diventate un simbolo universale contro la violenza sulle donne. Tutto è iniziato con un'installazione dell'artista messicana Elina Chauvet: decine di scarpe rosse disposte in piazza, un silenzioso grido di protesta per le vittime di femminicidio a Ciudad Juárez. Il rosso non è un colore scelto a caso. Ricorda il sangue, ma anche la forza e la lotta. Le scarpe vuote fanno un effetto ancora più forte: rappresentano donne che non possono più camminare, vivere, raccontare la loro storia. Da allora, questo simbolo si è diffuso in tutto il mondo, diventando una delle immagini più forti nelle campagne contro la violenza di genere.

Le sneaker Nike non sono solo un fenomeno di moda: raccontano molto di come il mondo sta cambiando. Arjun Appadurai parla di flussi culturali globali, cioè di come oggetti e idee si muovano senza confini, trasformandosi in base ai contesti. Oggi, ovunque tu vada, troverai qualcuno con un paio di Nike ai piedi. Da un lato, è bello pensare che un semplice oggetto possa unire culture diverse. Dall'altro, viene spontaneo chiedersi: questa uniformità è un arricchimento o una perdita di identità? La Scuola di Francoforte metteva in guardia dal rischio che l'industria culturale riducesse tutto a un unico modello, cancellando le differenze. Le Nike rappresentano davvero libertà di espressione, o sono solo un modo per farci sentire parte di un sistema già deciso per noi?

Alla fine, la vera domanda è: chi sceglie cosa diventa simbolo? Le sneaker Nike, le scarpe rosse, gli oggetti che ci circondano ogni giorno non sono solo prodotti, ma pezzi di una storia più grande. Un tempo i simboli appartenevano alle religioni, alla politica o alle culture locali. Oggi, il mercato ha preso il loro posto, trasformando la moda e il consumo in strumenti di identità. Ma siamo davvero consapevoli di queste dinamiche? Compriamo scarpe perché ci piacciono, o perché siamo spinti da strategie di marketing che modellano i nostri desideri? E soprattutto, quale prezzo stiamo pagando per essere parte di questa estetizzazione globale del consumo?


martedì 28 gennaio 2025

Costellazioni familiari: Psicoterapia di gruppo, teatro o ...fuffa guru?

Quando ho sentito parlare per la prima volta delle costellazioni familiari, ammetto di essere rimasto perplesso. La descrizione mi suonava tanto affascinante quanto lontana dal mio modo razionale di vedere le cose. Incuriosito, ho voluto approfondire: ho ascoltato i racconti di chi aveva vissuto questa esperienza e letto testimonianze online. Alcuni parlavano di un impatto emotivo travolgente, quasi liberatorio, di conflitti interiori che improvvisamente trovavano una via d’uscita. Altri, più scettici, ammettevano comunque di essere rimasti colpiti dalla profondità delle dinamiche emerse.


Le costellazioni familiari, ideate dal terapeuta tedesco Bert Hellinger, non sono né scienza né un trattamento terapeutico riconosciuto dalla comunità scientifica. Nonostante citino la Psicologia Sistemica, non ci sono prove solide che ne dimostrino l’efficacia o che possano spiegarne i meccanismi in termini oggettivi. Si tratta, piuttosto, di un’esperienza simbolica, una messa in scena in cui i partecipanti, chiamati “rappresentanti”, incarnano figure familiari o aspetti della vita di una persona, posizionandosi nello spazio in modo da rivelare dinamiche nascoste. È in questo contesto che emergono emozioni profonde, spesso inaspettate, e talvolta nuove consapevolezze.

Ammetto che l’idea di estranei che, senza conoscere nulla della tua vita, riescono a “percepire” emozioni o dinamiche familiari mi lascia perplesso. I sostenitori del metodo parlano di concetti come il campo morfogenetico, una sorta di energia che connetterebbe i membri di un sistema familiare, o di una risonanza empatica che permette ai rappresentanti di accedere a informazioni intuitive. Tuttavia, queste spiegazioni non hanno alcun fondamento scientifico. È importante ribadirlo: le costellazioni familiari non appartengono al mondo della scienza, e i loro risultati non possono essere considerati alla stregua di quelli di un trattamento terapeutico basato su prove.

Ciononostante, non si può negare che molte persone ne traggano un beneficio. Questo mi porta a riflettere su quanto sia potente la componente simbolica e rituale che caratterizza queste esperienze. Mi viene in mente, per esempio, il lavoro di Georges Ivanovič Gurdjieff, figura centrale dell’esoterismo del XX secolo, che utilizzava danze sacre e rituali per rompere gli automatismi mentali e risvegliare una consapevolezza più profonda. Anche nelle costellazioni familiari il rituale gioca un ruolo centrale: non tanto per offrire risposte definitive, ma per mettere in luce dinamiche che normalmente restano nell’ombra.

Le costellazioni familiari possono ricordare alcune delle pratiche spirituali e di ricerca dell'ignoto che erano popolari nel XIX secolo, come le sedute spiritiche. In entrambi i casi, c'è una tendenza a cercare risposte o a confrontarsi con aspetti misteriosi della vita attraverso mezzi non scientifici. Queste pratiche spesso attirano persone della media o alta borghesia, forse perché hanno le risorse e il tempo per esplorare tali esperienze alternative. Le sedute spiritiche dell'800 erano un modo per le persone di confrontarsi con la morte, l'aldilà e altri fenomeni inspiegabili, spesso in un contesto sociale ed emozionale. Allo stesso modo, le costellazioni familiari cercano di esplorare e rivelare dinamiche nascoste delle relazioni familiari, offrendo una sorta di esperienza catartica o di nuova consapevolezza. È interessante notare come entrambe le pratiche, nonostante la mancanza di fondamenti scientifici, possano comunque avere un impatto significativo sulle persone. La componente rituale e simbolica sembra giocare un ruolo cruciale, offrendo un contesto in cui le emozioni e le intuizioni possono emergere in modo più vivido.

Tuttavia, il mio lato razionale mi porta a considerare un’altra possibilità, forse più semplice e concreta. Credo che gran parte di ciò che accade nelle costellazioni familiari possa essere spiegato da meccanismi psicologici noti, come l’effetto placebo o la suggestione. In un contesto carico di significato simbolico ed emotivo, il nostro cervello – un organo di cui conosciamo ancora così poco – può entrare in uno stato di apertura particolare. È come se mettesse in scena, per conto nostro, una narrazione capace di darci conforto o di aiutarci a vedere le cose sotto una nuova luce.

Le costellazioni familiari non considerano affatto l'impatto delle strutture sociali, delle relazioni interpersonali e dell'ambiente circostante sulla nostra vita. Noi sappiamo che il contesto culturale e sociale in cui viviamo ha un impatto significativo sul nostro comportamento e sulle nostre credenze. Potrebbe essere interessante capire come le costellazioni familiari riflettano o sfidino le norme culturali e sociali relative alla famiglia e alle relazioni. Le costellazioni familiari coinvolgono la partecipazione di più persone, estranee tra loro, che agiscono come "rappresentanti". Quali dinamiche di gruppo entrano in gioco influenzando l'esperienza dei partecipanti e come i ruoli assegnati riflettono le gerarchie e le strutture di potere all'interno delle famiglie? E infine, quali risposte possono emergere se i partecipanti interpretano le esperienze dal loro punto di vista durante le costellazioni familiari? Ci sarebbe poi la necessità di esplorare come le persone attribuiscono significati a queste rappresentazioni simboliche e come queste interpretazioni influenzino la loro comprensione delle proprie relazioni familiari. L'ambiente circostante gioca un ruolo fondamentale nelle nostre vite.

È fondamentale anche considerare il potenziale pericolo che queste sessioni possano avere su menti vulnerabili, peggiorando addirittura la qualità di vita del partecipante. Le emozioni intense emerse durante le costellazioni familiari potrebbero risultare difficili da gestire senza il giusto supporto, rischiando di sopraffare chi è particolarmente sensibile.

Al netto dell’esprimere scetticismo riguardo alla mancanza di basi scientifiche delle costellazioni familiari e alla loro dipendenza da concetti non verificabili come il campo morfogenetico, sarebbe interessante sottolineare l'importanza di approcci basati su prove empiriche nel comprendere e affrontare i problemi umani. Questa non è una critica al metodo in sé. Anzi, penso che il fatto di portare alla luce emozioni represse o nodi irrisolti abbia un valore importante per molte persone. Tuttavia, è fondamentale mantenere una certa chiarezza: le costellazioni familiari non possono essere considerate una terapia nel senso scientifico del termine. Non ci sono dati empirici che ne confermino l’efficacia e molti dei concetti che le sostengono, come i campi energetici, rientrano più nell’ambito delle metafore che in quello delle realtà dimostrabili.


Alla fine, non ho certezze. Forse c’è davvero qualcosa che ci sfugge, un fenomeno ancora non spiegato. O forse è il nostro cervello, con le sue infinite risorse, che si occupa di costruire significati e di guidarci verso una qualche forma di guarigione emotiva. Qualunque sia la verità, trovo affascinante il modo in cui, anche attraverso strumenti non scientifici, le persone riescano a esplorare le proprie emozioni e, in qualche caso, a sentirsi meglio.

Le costellazioni familiari, come molte pratiche non scientifiche, possono effettivamente attirare persone che cercano risposte rapide o soluzioni ai loro problemi emotivi e relazionali. E, purtroppo, ci sono sempre rischi legati anche allo sfruttamento economico quando si parla di metodi che non hanno solide basi scientifiche. In effetti, la popolarità delle costellazioni familiari ha portato alla proliferazione di facilitatori e workshop che possono risultare molto costosi. Questo può trasformarsi in un'opportunità per alcuni di sfruttare la vulnerabilità delle persone, offrendo promesse di guarigione o soluzioni che potrebbero non avere un reale fondamento. È questo il rischio? Dipende da come le affrontiamo, se come un gioco di società, un po' come facevano le società segrete nell’800 con le sedute spiritiche, oppure per risolvere davvero situazioni di disagio personale. In questo caso, ricorrere a un buon terapista forse sarebbe meglio.






venerdì 24 gennaio 2025

Alice in Borderland: Sopravvivenza, Resilienza, Consapevolezza e ... “Fratelli Coltelli”

Ho appena finito di rivedere  “Alice in Borderland” e in attesa della terza serie tento di riflettere su alcuni concetti. "Alice in Borderland" è una serie TV giapponese basata sull’omonimo manga di Haro Aso.  Come suggerisce già il titolo, trae ispirazione dal racconto classico di "Alice nel Paese delle Meraviglie", i parallelismi sono evidenti fin dall'inizio: dal bagno/tana del coniglio, alla presenza simbolica delle carte da gioco, fino ai personaggi enigmatici come il Cappellaio. Ryōhei Arisu, il protagonista, è un giovane appassionato di videogiochi che si ritrova bloccato in una Tokyo distopica e desolata, costretto, insieme ai suoi amici, a partecipare a giochi mortali per sopravvivere. 

È interessante notare come l’elemento esoterico attraversi tutta la serie. La trama è ricca di simbolismi e misteri che richiamano concetti esoterici. I giochi stessi possono essere interpretati come prove iniziatiche, in cui i personaggi devono superare sfide simboliche che rappresentano non solo la loro forza fisica, ma anche una crescita spirituale e mentale. Questo aspetto conferisce profondità alla narrazione, sottolineando come ogni gioco sia una metafora per il viaggio interiore e la scoperta di sé. Un aspetto importante delle prove è la crescita di consapevolezza: il protagonista, Ryōhei Arisu (Alice), deve crescere, maturare e affrontare le sue paure per poter salvare i suoi amici e se stesso. "Questo richiama il celebre concetto socratico del 'Conosci te stesso' ('Nosce te ipsum'), che sottolinea quanto sia essenziale la conoscenza di sé per affrontare e superare le sfide della vita. Attraverso il proprio cammino interiore e il confronto con le paure più profonde, Ryōhei Arisu si avvicina sempre di più alla comprensione del suo ego e alla maturazione necessaria per salvare i suoi amici."

La serie esplora anche il tema della resilienza umana, mostrando come, di fronte a circostanze estreme, le persone sviluppino strategie adattive e risorse interne per sopravvivere. La resilienza emerge non solo a livello individuale, ma anche come qualità collettiva, una capacità di adattamento alle avversità e alle forze oppressive. I protagonisti affrontano un sistema brutale che li sfrutta, riuscendo comunque a trovare modi per resistere e navigare in questo mondo ostile. 

Ma “Alice in Borderland” va oltre. 

Al centro della serie c’è anche la dinamica dei “fratelli coltelli”. Situazioni di alta tensione e competizione estrema spesso portano a divisioni interne, persino tra gruppi inizialmente uniti. La serie mostra come, sotto pressione, la conflittualità e la lotta per la sopravvivenza possano trasformarsi in una guerra fratricida senza esclusione di colpi. Nei momenti critici, persino gli alleati possono diventare nemici, con egoismo e istinto di sopravvivenza che prevalgono sulle relazioni di solidarietà.

Questo fenomeno è particolarmente evidente nelle società molto competitive, un tema che si riflette anche nei luoghi di lavoro o nelle organizzazioni, dove spesso si perde di vista l’obiettivo comune e inizia una lotta per il controllo assoluto.

L’episodio finale della prima stagione rivela una verità scioccante: i dealer non sono altro che cittadini comuni, sottoposti alle stesse conseguenze. Questo ricorda coloro che si sottomettono a un "padrone" credendosi “importanti” e salvi,,  solo per scoprire alla fine di essere sacrificabili quanto gli altri.

Tra tutti i personaggi, Ryōhei Arisu si distingue per essere l’unico a capire che la chiave per sopravvivere è restare uniti. La sua visione di collaborazione e solidarietà diventa un faro di speranza nel caos. Un altro aspetto significativo della serie è che ogni personaggio, anche il più duro o competitivo, porta con sé traumi e ferite del passato."Il comportamento di ciascuno, anche quando irrazionale, è spesso il risultato diretto di queste esperienze." Non siamo molto lontani dall' "empirismo"  di Hume ma sopratutto dall'interazionismo simbolico di Goffman "come le persone interpretano e reagiscono ai contesti sociali sulla base delle loro esperienze passate".

Nella nostra realtà, questa tensione tra adattamento, resilienza e conflitti interni continua a modellare le relazioni sociali e le strutture di potere, spingendo le società a trovare costantemente nuovi modi per sopravvivere e prosperare contro ogni avversità.

È un invito a riflettere sulle sfide e opportunità che affrontiamo nella vita quotidiana, e sull’importanza di trovare un equilibrio tra adattamento e resistenza. Vivere nel qui e ora ci permette di affrontare ogni momento con una mente lucida e aperta E come sovente accade nelle storie distopiche poco importa che tu stia affrontando un'apocalisse zombie, un'invasione aliena o una pandemia, quelli che più bisogna temere sono sempre gli uomini, a confermare ulteriormente che popolo di idioti riusciamo ad essere.

In sintesi, "Alice in Borderland' non solo mette in luce la resilienza umana contro le forze opprimenti, ma anche la fragilità e la complessità delle relazioni umane in contesti di crisi. È un invito a riflettere non solo sulle sfide e le opportunità che incontriamo nella nostra vita quotidiana, ma anche su quanto sia fondamentale trovare un equilibrio tra adattamento e resistenza. La consapevolezza del qui e ora ci richiama non solo a essere presenti, ma anche ad agire. L'inazione e l'ignavia sono nemici della crescita e del superamento delle difficoltà. Solo attraverso un'azione consapevole possiamo sperare di navigare attraverso le tempeste della vita e trovare la vera essenza del nostro essere."