martedì 24 novembre 2015

Keynes, Roosevelt e la guerra per creare ricchezza...


E’ un vero peccato che i ns politici attuali, giovani e di belle speranze, abbiano studiato poco ed è, altresì, un vero peccato che quel poco che hanno studiato lo abbiano del tutto dimenticato, al contrario non si potrebbe comprendere come alcune lezioni della storia siano state, da essi, derubricate in “roba vecchia” da rottamare.
E’ vero nel secolo passato ci siamo portati dietro alcune incrostazioni che andavano risolte, politiche alle volte velleitarie che nulla avevano a che fare con il bene dei cittadini, a questo aggiungiamo che le elites al potere non aspettavano altro che applicare le loro ricette neoliberiste per raggiungere nuovamente il controllo non solo e non tanto delle masse, per quello basta una Tv , ma dell’economia globale in modo da non dover più come un tempo, sollecitare colpi di stato, attacchi militari e altro per controllare un Paese e le sue risorse ma semplicemente le banche e la Borsa. Ancora oggi la lezione di Keynes non solo risulta essere “moderna” ma risponde appieno alla crisi che stiamo vivendo, se solo si volesse applicare e se solo si volessero ascoltare gli economisti, tanti, che oggi la ripropongono. Un dato è comunque sotto gli occhi di tutti se nel mondo occidentale la guerra non è più un modo per fare business, per quello basta il mondo della finanza con i suoi titoli spazzatura, nei Paesi del Medio Oriente e in Africa al contrario resta tale. Non si spiegherebbe come mai da oltre 60 anni le guerre in M.O si alternano con brevissimi periodi di pace e di come in Nord Africa, con la scusa della primavera, si siano sostituite le oligarchie passate con altre, per non parlare di altri stati del centro Africa in cui al momento le guerre servono per incrementare il valore in Borsa delle aziende produttrici di armi.
A proposito  John Maynard Keynes nel 1933 scrisse  The Means to Prosperity in cui espose questo concetto:

“Alcune persone ciniche che hanno seguito fin qui il ragionamento concluderanno che soltanto una guerra può far cessare una grossa depressione. Perché fin qui la guerra è stata l’unico oggetto di stanziamenti statali su larga scala giudicato rispettabile dai governi. In pace, invece, essi sono timidi, iperprudenti, poco convinti, privi di perseveranza o decisione, uno stanziamento è visto come una passività e non come un anello nella trasformazione in utili capitali fissi delle risorse in eccesso della comunità, risorse che altrimenti andrebbero sprecate”.
Nel 1936 Keynes pubblicò  la sua Teoria Generale dove la guerra veniva  elencata tra  le principali cause di aumento della ricchezza nazionale, sopratutto quando esistono risorse inutilizzate, manodopera sopratutto e da lì a poco guarda caso iniziò la Seconda Guerra Mondiale. Nel 1939, parlando alla radio, Keynes spiegava che sì, la guerra era un rimedio alla disoccupazione, ma bisognava utilizzare gli stessi principi di deficit e spesa pubblica in tempo di pace e per questo motivo  scrisse una lettera al Presidente Roosevelt nella quale diceva:
"... la guerra ha sempre provocato un'intensa attività industriale. Nel passato la finanza ortodossa ha considerato la guerra come l'unica legittima scusa per la creazione di occupazione tramite la spesa pubblica. Lei, signor Presidente, dopo aver gettato via tali catene, è libero di impegnare nell'interesse della pace e della prosperità la tecnica che finora è stata consentita solo per servire gli scopi della guerra e della distruzione".
Sono passati più di 80 anni dalla lettera di Keynes a Roosevelt, ma ancora oggi occorre constatare che i politici giudicano corretto spendere in deficit solo se si tratta di fare una guerra o di salvare le banche. E così mentre per anni ci hanno raccontato che il pareggio di Bilancio era “conditio sine qua non” per salvare lo Stato e che non si potesse fare spese in “deficit spending”, neanche se queste sono necessarie per mettere in sicurezza l’ambiente in cui viviamo, le scuole, le case, le montagne e le strade creando occupazione e ricchezza;  per combattere l'ISIS improvvisamente tutti concordano e diventano keynesiani  invocando libertà di spesa per gli armamenti: "Il patto per la sicurezza prevale sul patto di stabilità" dice Hollande,  "La Francia e altri Paesi dovranno stanziare risorse supplementari e queste non devono essere trattate come le spese ordinarie secondo il Patto di Stabilità si premura di aggiungere e confermare Mr. Juncker.  "Circostanze straordinarie" che evidentemente non valgono per scopi produttivi in tempo di pace: non si può sforare il 3% se si tratta di riportare al lavoro i disoccupati, neanche se sono un quarto della forza lavoro come in alcuni paesi europei; non si può sforare il 3% se si tratta di ammodernare le strade, investire nell'istruzione, assumere medici e infermieri. 

Tutto questo non è finanziariamente oculato secondo i parametri della vecchissima Europa ma non lo è nemmeno secondo i parametri della nuova generazione di politici i quali non solo non hanno studiato la storia ma sono vittime di quegli stessi tecnocrati che a parole vorrebbero “rottamare”. Non a caso la proposta Boeri, per citare un solo esempio tutto italiano,  che prevede un reddito di 500 euro a chi ha raggiunto i 55 anni ed è disoccupato iscritto a Liste di collocamento non solo viene subito bocciata, nonostante lo stesso Presidente dell’Inps abbia con dovizia di particolari indicato le fonti per la sua realizzazione, ma addirittura gli si ricorda di stare “zitto” e “muto” in quanto trovare soluzioni alla povertà del ns Paese non è di sua competenza. A questo punto ha ragione chi dice che uno Tsunami "politico" dovrebbe travolgere tutto per ricostruire da zero, la paura è però che lo Tsunami oltre che a distruggere possa portare con se anche dell’altro. Per il quale non siamo preparati e del quale potremmo pentirci.
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