giovedì 19 novembre 2015

i bei tempi non torneranno più?

"I tempi felici del Dopoguerra non torneranno mai più" questo è il titolo di un articolo di giornale di oggi il motivo di questa sentenza è che il turbo capitalismo, l'iperliberismo di cui ci hanno inondato in questi anni e la falsa idea che la crescita del PIL interno nonchè la riduzione del disavanzo,  non corrispondono ad un generale benessere della popolazione bensì un aumento spaventoso della disuguaglianza che comporta l'espulsione dei cittadini - spesso della classe media - dall'habitat che avevano costruito: la casa, il posto di lavoro, ma anche il luogo dove sono cresciuti, la terra che coltivavano.

Lo vediamo tutti i giorni nel ns piccolo, quante migliaia sono i lavoratori che in questi anni hanno perso il posto di lavoro a Palermo, da quelli della Coop a quelli di Migliore e Li Volsi passando per varie catene ancora più piccole elle miriadi di botteghe artigiane.
La tristissima analisi è Saskia Sassen, una delle più importanti sociologhe del mondo, studiosa  degli effetti e delle tracce che il capitalismo finanziario degli ultimi venti anni sta lasciando sul pianeta e sulle vite private, riassunti nell'ultimo saggio "Espulsioni. Brutalità e complessità nell'economia globale" (Il Mulino, 2015):
"La rapida crescita dei profitti societari, parallela all'impennata dei disavanzi pubblici, all'aumento delle popolazioni sfollate nel sud globale e delle proporzioni delle popolazioni carcerarie nel Nord globale (...). Con l'aggravarsi delle condizioni create da quei mutamenti entriamo in una terza, incipiente fase storica, caratterizzata dalle espulsioni delle persone, dai progetti di vita, dall'accesso ai mezzi di sussistenza, dal contratto sociale, cardine delle democrazie liberali"
Sassen, docente alla Columbia University di New York e alla London School of Economics, cita grafici e statistiche per dimostrare come la lunga crisi economica non abbia intaccato i profitti delle multinazionali e come l'economia reale abbia ormai ceduto il passo alla finanza globale, un luogo quasi inconoscibile persino a istituzioni come la Federal Reserve dove vengono messi a punto meccanismi sempre più sofisticati per entrare in possesso di nuova ricchezza.
Il primo esempio sono i mutui subprime, offerti alle famiglie americane di reddito medio senza troppe garanzie, che dal 2006 al 2010 hanno comportato l'interruzione di 13,3 milioni di mutui poiché chi aveva firmato non era più in grado di pagare la rata: gli aspiranti acquirenti sono stati cacciati dai loro alloggi provocando un generale impoverimento di 30 milioni di americani.

Tra i meccanismi finanziari c'è la corsa all'indebitamento delle famiglie attraverso i prestiti bancari o delle società che offrono denaro immediato da rimborsare a rate, spesso a entità non nazionali, ma anche sistemi che sfuggono spesso alla comprensione del cittadino comune: i credit default swaps (derivati), cresciuti a dismisura almeno fino al 2008, che hanno un valore meramente finanziario e che per Sassen fanno parte del "sistema bancario ombra" insieme con i dark pools, sistemi privati di negoziazione fuori borsa "che hanno in comune una caratteristica chiave: non mostrano l'entità o il prezzo dell'ordine se non a transazione conclusa".

Lo scenario dipinto dalla sociologa non prevede ottimismi. Per la Sassen "siamo stati irretiti da una concezione pericolosamente restrittiva della crescita economica. Naturalmente la crescita era cruciale per il progetto del welfare state, ma era anche un mezzo per far progredire l'interesse pubblico, per accrescere una prosperità di cui molti avrebbero beneficiato, anche se taluni assai più di altri".
Quell'era di sola, si fa per dire, disuguaglianza e cattiva distribuzione della ricchezza è finita, dice Sassen. E ha aperto la strada a una "nuova logica sistemica" dove "le assunzioni e le istituzioni dominanti sono più finalizzate a servire la crescita economica delle grandi corporation" che governano davvero il destino dell'economia mondiale e orientano le decisioni degli Stati.

Lo scarto, il prodotto finale è - appunto - l'espulsione dal sistema di chiunque "tagli la strada alla corsa al profitto". Tra questi espulsi e marginalizzati non ci sono solo i poveri, i disoccupati delle fasce più basse, bensì cittadini insospettabili che spesso nascondono la propria marginalizzazione agli occhi degli osservatori. Sono le famiglie della classe media che improvvisamente cadono nello scalino più basso e che non vengono registrate, è l'accusa centrale della Sassen, dalle statistiche economiche. Sono le persone che non capiscono i toni di moderato ottimismo quando il Pil comincia a salire timidamente: se quel Pil sale, è la conclusione del saggio, è proprio grazie all'espulsione di milioni di persone dal tessuto sociale ed economico. Insomma se il Pil in Italia ed Europa salirà la sua crescita sarà dovuta ad effetti negativi sulla società, maggiore precarizzazione del lavoro, licenziamenti e riduzioni e del resto le attuali riforme anche in Italia, volute dalla troika, ne hanno già dato avvisaglia, il Jobs Act, la eliminazione dell'art.18 sono tutti figli di questa visione, non certo quella di aumentare i diritti e l'occupazione ma di favorire questo processo iper liberista, ammantato di belle parole.

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