domenica 2 agosto 2015

Cannabis, legalizzarla per uso terapeutico assolutamente Si !!! Legalizzarla per tutti, parliamone!



Il 17 luglio scorso è stata presentata alla Camera una proposta di legge sottoscritta da 218 parlamentari provenienti da diversi schieramenti politici: M5S, Sel, Scelta Civica, PD e persino da Forza Italia. Ma, contro il ddl che fa sperare in un cambiamento assolutamente necessario, si schierano i primi “specialisti” a cui il “Corriere della Sera” dà ampio spazio, schierandosi inequivocabilmente dalla parte più proibizionista della Scienza.

Il “Corriere” ha pubblicato alcuni giorni fa le opinioni di Umberto Tirelli, direttore del dipartimento di Oncologia medica e primario della divisione di Oncologia medica A, al Centro di riferimento oncologico (Cro), Istituto nazionale tumori di Aviano (Pn), e pubblica oggi quelle di Alberto Mantovani, direttore scientifico Humanitas e docente Humanitas University (?) ed ambedue sostengono che le argomentazioni usate da chi vuol legalizzare la cannabis anche in Italia, non reggono. 

Prendiamo in esame quanto affermato dal prof. Tirelli che sostiene che è una “follia indifendibile” quella di ricercare nella legalizzazione, la soluzione alla diffusione della droga.

Secondo Tirelli, se l’uso della droga diventerà legale il problema aumenterà. Egli sostiene questa idea con un esempio davvero poco logico affermando: “visto che gli omicidi proseguono, nonostante la legge li punisca, perché non li legalizziamo?

Peccato che l’omicidio ed il consumo di una sostanza psicoattiva non siano davvero paragonabili!

Rispondo al prof. Tirelli che, se non si fa lo stesso ragionamento con il femminicidio e i furti è perché quei reati ledono davvero qualcuno e mai potranno essere soggetti a “legalizzazione”, mentre fumare marijuana non è più un reato in molti Paesi nel mondo e, dove è stato regolamentato l’utilizzo di cannabis, molti problemi (specie quelli legati a vari crimini) sono diminuiti.

Leggendo quanto dichiarato da Tirelli, egli teme di veder crescere un altro mercato proibito, fatto di sostanze nuove, come quelle chimiche.

Il professore ignora che sono proprio gli spacciatori, al servizio delle narcomafie, ad alimentare certi mercati e spingere all’uso di sostanze più pericolose (magari che inducono davvero dipendenza). Se ognuno avesse la possibilità di coltivare le proprie piantine di canapa in balcone, o acquistarla in dispensari autorizzati e controllati, allora il cittadino che consuma responsabilmente cannabis non sarebbe più costretto ad entrare in contatto con certi malviventi interessati ad incrementare la vendita di diverse droghe.

Se per il professore è giusto che alcol e tabacco siano legali, mentre non è giusto aggiungere a queste anche la cannabis che “è pure peggiore”, per la gran parte degli italiani è il contrario: se hanno posto a monopolio le due sostanze rispettivamente prima e seconda causa di morte al mondo, perché perseguitarci per l’utilizzo di una tra le sostanze meno tossiche? NB: sono certo che il prof. Tirelli sappia che non esiste un solo caso di morte al mondo per uso o abuso di cannabis e che non esiste dose letale assimilabile dall’uomo. …oltre agli effetti terapeutici della sostanza, provati già dal medico italiano Raffaele Valieri, nel 1887.

Secondo Tirelli la marijuana, a differenza del tabacco, può provocare alterazioni cerebrali, senza contare le conseguenze a medio e lungo termine sulla funzionalità del cervello e sul sistema immunitario. Il professore crede che la cannabis danneggi i polmoni in maniera molto più violenta del tabacco, aumenta il rischio di cancro, che indebolisca le facoltà cognitive, la memoria, l’attenzione e che farebbe aumentare il rischio di incidenti stradali. 

Insomma, il professore ignora i milioni di italiani che, come me, usano da decenni la cannabis e conducono una vita normale, senza incidenti di sorta. 

Io fumo cannabis in modo regolare da circa un ventennio e salto tranquillamente per 20 minuti con la corda, esercito l’attività di Educatore Alimentare, amo andare in moto e tante altre cose che non potrei fare se la cannabis, come sostiene il professore, avesse inciso negativamente sui miei polmoni e sul mio cervello. 

Per le paure espresse da Tirelli riguardo il consumo da parte dei giovani, affermo che anche noi antiproibizionisti siamo preoccupati per l’uso o addirittura l’abuso che gli adolescenti fanno di cannabis. Ma riconosciamo anche che la cannabis viene offerta ai ragazzini da spacciatori senza scrupoli e che l’uso tra i minori è cresciuto nonostante la pesante repressione. 

Si giunge dunque alla logica conclusione che il proibizionismo ha fallito e che regolamentare coltivazione e vendita potrebbe essere una soluzione dato che in paesi dove la cannabis è legalmente venduta ai maggiorenni, i minorenni hanno maggior difficoltà a procurarsela.

Tirelli degenera quando inizia a parlare di percentuali di principio attivo, mostrando una forma di ignoranza indotta in molti uomini di scienze dal proibizionismo. Secondo il professore, negli anni Settanta, la quantità di principio attivo della cannabis era del 5%, oggi siamo al 50-80%.

Mi chiedo dove abbia letto certe notizie?! Le varietà di cannabis con maggior percentuale di THC non superano il 26% e, inoltre, cos’è una “percentuale”?
E’ la quantità indagata sul totale. Quindi, un grammo di cannabis al 25% di THC è uguale a 5 grammi di cannabis al 5%…. per avere lo stesso effetto ne devi semplicemente usare meno e, di conseguenza, se la fumi, assimilare meno monossido di carbonio. Paradossalmente, la cannabis con maggior concentrazione di THC è più salutare per chi ne fa uso ricreazionale (non voglio neppure aprire il “capitolo terapeutico”). 

Ricordo inoltre al prof. Tirelli che il collegamento fra uso di cannabis e schizofrenia è stato sfatato da decine di anni: molte altre ricerche si sono contrapposte a quella da lui menzionata e, addirittura, hanno dimostrato che la cannabis risulta terapeutica in alcuni casi di schizofrenia perché capace di ridurre o annullare il fenomeno del “ritiro sociale”, che grava su molti pazienti schizofrenici.

Lo stesso vale per gli studi riguardanti il rischio di tumore al polmone provocato dalla cannabis: tantissime altre ricerche hanno dimostrato l’effetto anti-cancerogeno dei cannabinoidi. Comunque, è assolutamente provato che aspirare monossido di carbonio, provocato dalla combustione (sia di cannabis che di tabacco), fa male. L’unico problema è che si riconosce la consapevolezza e la maturità di scelta del tabagista, ma non quella di coloro che preferiscono la marijuana.

L’ignoranza del professore sull’argomento si evince anche dalle sue affermazioni riguardo l’utilizzo terapeutico: “l’uso terapeutico della marijuana riguarda l’assunzione di compresse con effetti del tutto differenti dallo spinello. Se i politici avessero davvero a cuore i malati, anziché liberalizzare la cannabis farebbero pubblicità a determinati farmaci, la cui efficacia nella terapia del dolore è di gran lunga superiore”.

Purtroppo sono tanti i professionisti indottrinati dalle aziende farmaceutiche che commercializzano e lucrano su quelle che sono la terza causa di morte nel mondo: i farmaci convenzionali!

Ho ribattuto ad ogni affermazione del professor Tirelli essendo in totale disaccordo con lui e concludo utilizzando una sua affermazione che, se estrapolata dal contesto in cui il professore la colloca, è assolutamente valida in uno Stato che proibisce la cannabis e che non scoraggia il gioco d’azzardo, l’uso di alcol e del tabacco; uno Stato che sostiene Ser.t. che lucrano su false dipendenze agevolati da una legge persecutoria, criminale e criminogena; uno Stato punito per il sovraffollamento carcerario, in cui la criminalità organizzata detiene il monopolio delle droghe: “ lo Stato si arricchisce sulla pelle dei suoi cittadini e noi siamo contenti”.

Giuseppe Nicosia – ASCIA

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