mercoledì 23 dicembre 2015

Dopo il vento Francese quello caldo Spagnolo...è in arrivo.

Dopo le elezioni Francesi che hanno visto la sconfitta al primo turno dei Socialisti e la netta vittoria della destra "ritoccata" della Le Pen; dopo che è stato necessario una coalizione dei partiti moderati e quello socialista per evitare che la sconfitta al primo turno consegnasse l'intera Francia al Front Nationale, anche in Spagna si è votato e quello che da tempo in tanti andiamo dicendo si è confermato.

Da un lato c'è una forte disillusione nei confronti dei Partiti Socialisti europei dall'altra una forte spinta verso un regionalismo, un autonomismo che in molti casi si associa ad un forte atteggiamento antieuro. In tutta Europa man mano che si và al voto c'è una forte ritrosia degli elettori a votare i partiti che fino adesso non hanno fatto altro che subire i dogmi europei, le politiche neoliberiste che da anni "affamano" l'europa e che dettano ricette che invece di farci uscire dalla crisi non fanno altro che farci sprofondare. In molti ormai pensiamo che dietro tutto questo ci sia una strategia di menti illustre, di lobby del potere che da anni ormai, facilitano la presa del potere di governanti "inetti" che, in attesa di essere accettati nei salotti che contano,  accettano pedissequamente tutte le ricette proposte dalla diminuizione dei diritti sociali, art. 18, jobsact, privatizzazione della Sanità, precarizzazione del lavoro e della vita in genere. Un preciso obiettivo che alcune lobby perseguono per "cinesizzare" l'Europa ridurre la forza contrattuale dei cittadini lavoratori e riddure i costi per tornare ad essere competivivi con l'Est Asiatico. Questo è lo scenario che orami da anni si persegue, queste lobby neoaristocratiche non hanno nessuna intenzione di esportare "diritti" in Cina, nessuna intezione di "aiutare" le popolazioni dei mercati asiatici a migliorare le condizioni di vita e lavoro ma solo di portare le ns a loro livello. Gli attuali partiti europei e governanti alcuni non l'hanno ancora compreso, altri lo hanno compreso bene e hanno "pattiato" le loro posizioni. Rendendo sempre più indistinguibile le differenze tra centro destra e centro sinistra non solo nel ns Paese ma in tutta Europa. Le  continue solfe sul superamento di destra e sinistra, date come antistoriche e superate, retaggio di vecchia cultura ormai fuori tempo, in realtà non sono altro che lo strumento culturale e politico con cui si vuole ridurre tutto ad una sola visione, in cui non c'è più spazio per la persona ma solo per il suddito. Di seguito un articolo dal Blog di Alessandro Gilioli dell'Espresso che approfondisce questi temi.

"Non è bastata una campagna a media unificati per far fuori il fantasma che da due anni si aggirava per la Spagna, quello di Podemos; né è bastata la strombazzatissima ripresa dell'economia del Paese, visibile nei numeri del Pil e nelle statistiche sfornate a getto continuo dai propagandisti del governo ma molto meno tra le persone comuni, che con l'austerità hanno perso lavori decenti per ritrovare a fine crisi soltanto minijobs con cui non arrivano a pagarsi l'affitto o il mutuo della casa.
Non è bastata nemmeno la creazione della linea giovani della destra economica, quel Ciudadanos che i sondaggi avevano pompato fino a farne il primo o il secondo partito e che invece si è fermato sotto il 14 per cento.
Né è bastato il volto fresco e telegenico del bel socialista Pedro Sánchez, quello che a Bologna sfilava in camicia bianca accanto a Renzi e ieri è riuscito a portare il suo partito al minimo storico, altri sei punti in meno rispetto al già disastroso risultato del 2011.
Non è bastato tutto questo e anche in Spagna assistiamo allo stesso fenomeno che coinvolge ormai quasi tutta l'Europa: un establishment politico legato ai dogmi economici vincenti da trent'anni che perde milioni di voti e batte drammaticamente in testa.
È la stessa cosa che è accaduta due volte quest'anno in Grecia - e la seconda nonostante le botte da orbi prese a Bruxelles - poi ripetutasi in Portogallo, mentre specularmente nell'est Europa il fallimento del partito dell'austerità liberista ha portato al governo i nazionalismi xenofobi: risposte diverse alla stessa domanda, inutile girarci intorno.
Così come una risposta diversa alla stessa domanda è stato il boom recente dei lepenisti francesi, fermati al secondo turno solo da una pregiudiziale repubblicana e antifascista alla quale probabilmente mi sarei accodato anch'io, ma nella piena consapevolezza della sua provvisorietà e della bancarotta politica e culturale che ci sta dietro.
Ecco: anche la Spagna certifica il dissesto di un sistema, di un pensiero, di un'economia e di una certa Europa: quella oggi dominante.
Ed è questo tracollo il grande tema paneuropeo di questi anni, con i quattro diversi scenari conseguenti: l'arrocco totale e suicida dell'establishment (è la strategia di Merkel e dei suoi sodali a Bruxelles, oggi impegnatissimi per un governo spagnolo di larghe intese); la sua parziale correggibilità per salvare la baracca (è la linea Renzi e un po' anche Hollande); il suo rovesciamento verso sovranismi postfascisti (Le Pen, Ungheria, Polonia); o infine il suo superamento in senso neosocialista e welfarista (Podemos, Tsipras, Corbyn, il nuovo governo portoghese).
Adesso vedremo quale di queste strade verrà imboccata in Spagna.
L'Europa, la Troika e il governo di Berlino premono già, come si è detto, per un'alleanza tra destre e socialisti: del resto sarebbe la stessa maggioranza che governa a Berlino, simile a quella italiana, identica a quella che ha governato la Grecia fino al gennaio di quest'anno, uguale a quella che ha fatto muro contro Le Pen in Francia. E la stessa che Bruxelles voleva in Portogallo, dove invece i socialisti hanno scelto di ribaltare il tavolo.
Anche in Spagna molto dipende dai socialisti: pur avendo ottenuto il peggior risultato dalla fine del franchismo, il Psoe ha in mano le carte, potendo scegliere se annegarsi nelle larghe intese con Rajoy o aprire a una maggioranza alternativa, composita ma (al contrario di quanto scrivono oggi quasi tutti i giornali italiani) tutt'altro che impossibile.
In ogni caso, quello che sta succedendo in Spagna è solo un altro passo nel declino irreversibile di un sistema: quello che governa l'Europa, che si declina nei programmi indistinguibili tra centrodestra e centrosinistra e che giusto l'estate scorsa ha umiliato la Grecia.
Quel sistema sta perdendo pezzi, uno dopo l'altro. E la grande questione, oggi, è solo in quale direzione uscirne"

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