sabato 26 settembre 2015

La truffa del diesel "pulito"

Tutti a puntare il dito contro i tedeschi, ci sta,  sono anni che fanno i perfettini, anni che ci indicano come inetti in tutti i campi, anni in cui sopportiamo le loro strategie di vendita, di politica economica etc etc... ma come dice Sergio Di Cori Modigliani in questo post, il punto è ben altro. Certo abbiamo scoperto che anche loro barano e lo fanno da anni, ma in realta si è solo scoperchiata la pentola delle lobby del petrolio e delle lobby, monoritarie, dell'automobilismo a loro collegate. Quelle lobby che invece di progredire e investire per motori sempre piu puliti, investire nei motori a idrogeno ed elettrici ad es. hanno continuato a sfornare auto e battagliare per auto piu ecologiche ma sempre con motori a scoppio, continuando a ingannare i consumatori con la favola che si poteva inquinare meno ma sempre con i derivati dal petrolio. Oggi scopriamo che tutto cio non è vero e se vogliamo davvero salvare la Grande Madre Terra Gaia, se vogliamo lasciare ai ns figli un pianeta migliore dobbiamo lasciare definitivamente, ed è possibile farlo subito almeno nei trasporti, l'uso dei derivati dal petrolio per passare all'energia derivante dal Sole, dalla termodinamica, dall'idrogeno. 
sostiene  Sergio Di Cori Modigliani
La “truffa Volkswagen” è un falso ideologico. Come ho spiegato nel precedente articolo, la considero una modalità mediatica, abile e perversa, per nascondere la “truffa del petrolio come combustibile”, ben altra questione. In realtà i turbodiesel, i diesel sono altamente nocivi, producono sostanze tossiche superiori le percentuali che gli scienziati esperti hanno definito mediamente accettabili, ma le agenzie di pubblicità mondiali sono riuscite ad imporre all’immaginario collettivo (della massa rimbecillita) l’identificazione del suv con uno status sociale, trasformandolo nel Rolex di diamanti del piccolo-borghese ansioso di promozione sociale. Queste sono le conseguenze di un modello societario costruito in seguito al genocidio culturale che ha promosso l’apparenza al posto dei contenuti di sostanza, lanciando modelli auto-distruttivi di identificazione. Non si tratta solo di un software taroccato, ma di uno scontro tra modelli di vita che non sono più compatibili tra di loro. Ridurre il tutto a un’esigenza mercantile di un produttore tedesco, vuol dire alterare il tema, mistificare la posta in gioco e fare in modo che la gente non pensi, non elabori, non comprenda.
Ieri notte, dopo una accurata esplorazione in rete, ho trovato una valanga di interpretazioni, alcune sciatte e legate a irrilevanti banalità, tanto per cavalcare il momento attuale. Tra tutti, emerge il post del Dott. Angelo Consoli, Presidente del Cetri (Circolo europeo per la terza rivoluzione industriale) il quale, in Europa, gestisce la comunicazione del filosofo Jeremy Rifkin, autore della visionaria idea della Terza Rivoluzione Industriale. Lo posto qui di seguito per intero. Vale la pena di leggerlo. Una volta tanto c’è la possibilità di ascoltare l’opinione di un vero esperto in materia, la cui fede ambientalista è sempre stata contrassegnata da rigore, pertinenza, competenza tecnica. La biografia di Angelo Consoli parla per lui.
Ecco il testo che metto qui a disposizione per i miei lettori.

Sostiene il Dott. Angelo Consoli:

I truffatori del diesel “pulito”.

In questi giorni si sta facendo un gran parlare del caso della Volkswagen, colta con le mani nel sacco dalla Enviromental Protection Agency americana  che accusa la casa tedesca di aver infranto la legge installando sulle centraline dei motori 4 cilindri diesel di alcuni modelli un software per ‘imbrogliare‘ durante i test ufficiali di controllo delle emissioni. Un programma in grado di rilevare quando la vettura sta facendo il test e di modificare il funzionamento del motore per abbattere drasticamente le emissioni, che però tornano a livelli superiori agli standard richiesti dalla legge una volta finita la prova.
Quello che però non si è ancora colto di questa truffa tecnologica,  è il dato politico.
Non è un problema di brevetti o di protezione di segreti industriali.
Questa non è una guerra economica dei costruttori americani contro quelli tedeschi.
Ad esempio la Diamler, tedesca pure lei, non è affatto come la Volkswagen.
Questo è uno smacco pazzesco alla lobby dei fossili, una lobby che è trasversale e ha i suoi sostenitori al di qua e al di là dell’oceano.
Infatti mentre una parte dei costruttori automobilistici (fra cui la Diamler)  ri-orientavano la ricerca (con e anche senza il sostegno dei fondi pubblici) e le strategie commerciali verso un futuro senza carburanti fossili, quindi verso l’ibrido, l’elettrico o l’idrogeno da fonti rinnovabili,  un’altra parte (minoritaria per la verità) di cui la Volkswagen è principale esponente, ha puntato tutto sul diesel “pulito”, aprendo una guerra lobbistica contro gli standard europei di limitazione delle emissioni di gas climalteranti e sostanze nocive. A Bruxelles (come ha più volte denunciato Greenpeace si veda il link  http://www.greenpeace.org.uk/tags/VWDarkside), la lobby dell’automobile fossile ha sempre sparato a zero contro la Commissione Europea che tendeva a imporre limiti alle emissioni presentati come ostacoli alla “libertà di impresa” e limitazioni del “libero mercato”.
Dopo l’11 Settembre molte case automobilistiche decisero che era venuto il momento di dissociare le sorti dei produttori di automobili da quelle dei produttori di petrolio e di puntare decisamente e rapidamente sull’auto a auto a idrogeno.

Un caso  da me ben conosciuto è quello della Americana General Motors il cui direttore della ricerca dell’epoca venne chiamato pochi giorni dopo l’attentato alle torri gemelle dal Presidente che gli mise a disposizione un miliardo di dollari per produrre un prototipo funzionante di auto a idrogeno.

Quel direttore della ricerca era Byron Mc Cormick, che ho avuto la fortuna di incontrare e con cui ho collaborato in vari master Plan di Terza Rivoluzione Industriale diretti da Jeremy Rifkin fra cui quello di Roma (si veda foto).  dopo un anno, al salone dell’automobile di Detroit, la GM presntò un gioello a idrogeno che rivoluzionava la nostra idea di automobile: la GENERAL MOTORS Hy Wire. Nel video di presentazione, che trovate qui sotto, Byron McCormick spiega divertito come un bambino, come eliminando i carburanti fossili si elimina il motore a scoppio. Il movimento alle ruote viene trasmesso da motori elettrici che sono direttamente nei mozzi della ruota quindi si eliminano anche ingombranti alberi di trasmissione a camme, e quindi la macchina diventa enormemente più leggera e enormemente più spaziosa. Inoltre diventa anche più versatile. Può cambiare carrozzeria  con una operazione molto semplice per cui uno compra scocca e telaio e ci monta su la carrozzeria che gli serve a seconda dell’uso che ne vuol fare: fuori strada, berlina familiare, sportiva etc. L’auto digitale del Terzo Millennio insomma.
Guardate il video ne vale assolutamente la pena:  https://www.youtube.com/watch?t=3&v=Obs2tAq57j8
Sulla scorta della GM altre aziende cominciarono a investire nell’auto a idrogeno. Dopo un anno venne fuori la Honda FCX Clarity, un gioiello che ho avuto la fortuna di guidare per un test drive nel parco del Cinquantenario a Bruxelles a ottobre 2010 quando la Honda Deutschland la portò  in occasione dell’esposizione annuale della Technology Platform della Commissione per l’Idrogeno e le fuel cell.  A questo link potrete vedere il video commerciale della Honda FCX Clarity che risale al 2010 in cui si parla di idrogeno da fonti rinnovabili estratto dall’acqua tramite l’elettrolisi  https://www.youtube.com/watch?v=8OX5_ELUNPs.
Anche la Toyota si impegnò subito in direzione del cambio di carburante, ancorchè con una strategia diversa, e cioè in due fasi. In una prima fase si inventarono l’ibrido Toyota Prius come transizione verso l’idrogeno per posizionarsi sul mercato, con una macchina a basse emissioni ottenute con un motore bi fuel che ha doppia propulsione; a scoppio (benzina) e elettrico (batteria alimentata dal recupero ergonomico del movimento a benzina. In altre parole lo stesso principio dello spinterogeno che ri-alimenta la batteria per l’elettricità di bordo nell’auto tradizionale. Ma se la Prius era la prima fase, l’obiettivo finale della Toyota era l’auto a idrogeno. Infatti quest’anno sono usciti con la Toyota Mirai,  che è l’evoluzione a idrogeno della ibrida Prius. maggiori informazioni a questo link: http://www.motorage.it/2014/11/toyota-lauto-idrogeno-produzione-si-chiama-mirai/.
Altri costruttori hanno preferito invece adagiarsi nella chimera di un rapporto con i petrolieri che non volevano tradire  per pigrizia mentale o per calcolo economico. E invece di investire in filoni di ricerca seri e davvero rivoluzionari come quelli appena descritti, si sono buttati sul diesel pulito. Oggi vediamo in modo lampante però che quella del diesel pulito da contrapporre all’ibrido all’elettrico o all’idrogeno era una bufala,  e che Volkswagen ha truccato i sistemi di controlli delle emissioni delle sue auto per poter continuare a sostenere la favola del “diesel pulito” che invece è ormai evidente non sta in piedi.
L’insegnamento che arriva forte e chiaro dalla vicenda Volkswagen, non è tanto che “anche i tedeschi barano”, come tendono a sottolineare moralisticamente alcuni media, ma che non esiste energia pulita al di fuori dalla termodinamica solare. Ergo non esiste diesel pulito. La sostenibilità nella mobilità  è possibile solo se si investe in elettrico da fonti rinnovabili e idrogeno (sul biodiesel ho le mie riserve…).
Le aziende automobilistiche che stanno investendo in queste tecnologie sono credibili. Le aziende che invece fanno lobby contro queste tecnologie, e raccontano fantasie sulla possibilità di limitare i danni dei carburanti di origine fossile non sono credibili.
I trucchi utilizzate da queste aziende automobilistiche sono stati portati a conoscenza di tutti in precedenza (qui sotto riproduco un articolo di quale energia che svelava tutto già da tempo), ma solo quando un ente pubblico di controllo (come l’EPA americana) ha assunto le sue responsabilità e smascherato i pinocchi tedeschi, la questione ha
assunto la rilevanza politica che le spetta e che non permetterà più a nessuno di mettere in dubbio che l’unica strada per limitare (e possibilmente azzerare in un futuro remoto) le emissioni, sia nei trasporti che nella produzione energetica e industriale, sia la totale decarbonizzazione dei modelli produttivi. Non c’è sostenibilità se non c’è una definitiva uscita dal modello fossile. Non ci sono compromessi o vie di mezzo. Oggi questa verità emerge prepotente dal caso Volkswagen, e i commenti anti-tedeschi, o germanofobici, per quanto comprensibili come reazioni all’insopportabile moralismo dimostrato dai tedeschi in altri campi (pensiamo a quello del debito pubblico e della finanza internazionale), rischiano di far perdere di vista questa verità fondamentale, e cioè che le leggi della termodinamica sono inconfutabili. L’energia solare è molto più economica e sostenibile di qualunque energia di origine fossile ottenuta con la combustione di quel marginale incidente di percorso geologico nella termodinamica solare che sono gli idrocarburi.
Meditate gente…

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