Da quando il Governo Letta ha incaricato un ministro nero, il primo della Repubblica, è tornato immediato nell'agenda della politica il tema dello Ius soli. In Italia infatti i nati da genitori stranieri non acquistano la cittadinanza italiana immediatamente, ma solo con la maggiore età.
Ma non siamo i soli, infatti nel resto d'Europa solo in Francia esiste questa possibilità mentre in tutti gli altri paesi esiste lo Ius sanguinis (devi nascere da genitori italiani per essere italiano), anche se negli altri Paesi le misure sono molto meno restrittive del ns. Questo è certamente un "problema" di grande importanza e non merita di essere oggetto di una contesa di carattere ideologico. E' una questione che non può essere di una sola parte ma deve derivare da una convergenza di tutto il Parlamento e dell'intera cittadinanza. Nel dibattito che scaturirà per quanti nascono in Italia da genitori stranieri si deve guardare con attenzione al tipo di società che vogliamo costruire: una realtà dove l’inclusione prevalga sull’esclusione con le ovvie conseguenze del caso. Ciò significa che insieme a questo andrebbero affrontati altri temi ad esempio quello del diritto di voto degli immigrati regolari alle elezioni amministrative. A Palermo ad esempio siamo in presenza a circa 25 mila immigrati extracomunitari e questi, pur lavorando e producendo reddito nella nostra città, pagando le tasse, abitando spesso in palazzi del centro storico che i proprietari affittano a caro prezzo, continuano a non avere il diritto di rappresentanza nè attivo nè passivo; nonostante anni ed anni di permanenza. Ho molti amici che vivono a Palermo dai tempi dell'Università, i loro figli, nati a Palermo ed oggi maggiorenni stanno per diventare italiani mentre loro non solo non lo sono, ma non possono nemmeno scegliere. Ecco prima di dividere una nazione e magari provocare la caduta di un Governo sullo Ius sanguinis credo sarebbe meglio discutere e migliorare la condizione attuale di quanti immigrati per scelta o per necessità si trovano nel ns Paese.
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