domenica 15 dicembre 2024

L'ignavia: il veleno dell'anima che non sceglie.

C'è un male sottile che serpeggia nelle pieghe della nostra società: l'ignavia. Non parlo della semplice pigrizia fisica, ma di quella ben più grave inazione morale, quel ritrarsi costante davanti al dovere di scegliere, di prendere parte. È un veleno dell'anima, una piaga che corrode la nostra essenza più profonda di esseri morali e pensanti.

Essere uomini significa scegliere. Scegliere chi siamo, cosa vogliamo rappresentare, da che parte vogliamo stare. Ogni decisione, per quanto difficile, è un'affermazione di vita. Non c'è neutralità possibile davanti al conflitto tra ciò che è giusto e ciò che è comodo. Chi non sceglie, chi si rifugia in un silenzio opportunista o in un'indifferenza calcolata, si rende complice del peggiore dei crimini: l'abdicazione al proprio dovere morale.

L'ignavia non è mai neutrale: è una scelta mascherata da inerzia, una posizione mascherata da non-posizione. Quando ci rifiutiamo di prendere parte, di schierarci, stiamo automaticamente avallando lo status quo, spesso ingiusto, spesso crudele.

Dante, nel suo Inferno, riserva agli ignavi un posto speciale fuori dalle mura dell'Inferno stesso, a significare che non meritano neppure il riconoscimento di un giudizio. Sono le anime senza infamia e senza lode, coloro che non hanno mai fatto una scelta e che per questo vagano eternamente inseguendo un'insegna senza significato.

L'atto di scegliere richiede coraggio. Schierarsi significa esporre le proprie fragilità, accettare il rischio di sbagliare, mettere in gioco il proprio onore e le proprie convinzioni. Ma è solo attraverso la scelta che costruiamo il nostro io morale, che tracciamo il sentiero verso un'etica personale e collettiva.

Prendere posizione non significa essere sempre nel giusto, ma significa avere il coraggio di riconoscere che vivere implica assumersi delle responsabilità. L'ignavia, al contrario, è la negazione di questa responsabilità. È un atteggiamento che si nutre di scuse, di frasi come “non è il mio problema” o “non voglio immischiarmi”. Principale è la necessità di riconoscere che ogni scelta, anche quella di non scegliere, ha conseguenze sul mondo che ci circonda.

Scegliere da che parte stare non è solo un atto morale: è un atto di resistenza, di amore per la vita e per l'umanità. È un modo di affermare che esistiamo, che siamo presenti, che contiamo. È la vera essenza della nostra esistenza, la testimonianza del nostro passaggio nel mondo e dell'impatto che possiamo avere. Per me, scegliere è più importante di tutto. Essere di parte è l'essenza stessa della vita. Solo prendendo posizione possiamo realmente vivere e lasciare un segno positivo nel mondo

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