Oggi ho recuperato un Libro dalla mia biblioteca dei tempi dell'università, ho riletto alcune pagine che trattavano di Luigi Einaudi, grande Presidente della Repubblica e padre costituente. Il pensiero in questione è quello relativo al forte rapporto che c'era e c'è tra liberali e socialisti, a quei tempi ancora separati in famiglie partitiche ed ideologiche diverse. Oggi queste idee, declinate 2.0, possono, devono e forse hanno già trovato un nuovo luogo in cui esprimersi, confrontarsi e fare un pezzo di strada assieme. Tutti concordiamo che «tutti gli uomini hanno diritto a tutta quella libertà di opinare e di operare, la quale non neghi l’ugual diritto di tutti gli altri uomini». Ma, oltre che sul principio di libertà, liberali e socialisti possono fare un significativo tratto di strada comune anche sul principio di uguaglianza: Essi sono d’accordo sull'eguaglianza giuridica dei cittadini e sull'impossibilità e irrealizzabilità di una «eguaglianza assoluta o aritmetica». Oggi concordiamo quindi che resta necessario l'intervento statale per ridurre eccessive disuguaglianze, ciò che dobbiamo meglio declinare ed aggiornare non sono i principi quindi, ma i limiti e le applicazioni delle politiche di intervento. Nonostante queste differenze, che possono essere anche molto accentuate, quello tra liberalismo e socialismo democratico è, lo diceva Einaudi, «un contrasto fecondo e creatore», perché in esso si esprime quel confronto tra idee che è alla base del progresso sociale>>. In conclusione, la vera linea di demarcazione tra liberali e socialisti non era fra chi voleva e chi non voleva l’intervento dello Stato nelle cose economiche; ma tra chi voleva o vuole un certo tipo di intervento e chi un altro. Ascolto spesso sedicenti "liberali" che scambiano quest'ultimo con il liberismo, si predicano liberali ma al contrario sono conservatori, sfruttatori dello Stato a cui non vogliono contribuire e da cui vogliono trarre solo vantaggi. Diceva Einaudi «va confutata ancora una volta la grossolana favola che il liberalismo sia sinonimo di assenza dello Stato o di assoluto lasciar fare o lasciar passare e che il socialismo sia la stessa cosa dello Stato proprietario e gestore dei mezzi di produzione. Che i liberali siano fautori dello Stato assente, che Adam Smith sia il campione assoluto del lasciar fare e lasciar passare sono bugie che nessuno studioso ricorda; ma, per essere grosse, sono ripetute dalla più parte dei politici, abituati a dire “superata” l’idea liberale; non hanno letto mai nessuno dei libri sacri del liberalismo e non sanno in che cosa esso consista. Che i socialisti – conclude Einaudi – vogliano dare allo Stato la gestione compiuta dei mezzi di produzione è dettame talvolta scritto nei manifesti elettorali, ma ripugnante ai socialisti che aborrono dalla tirannia dello Stato onnipotente, e tali sono tutti i socialisti» aggiungo che essendo oggi superate quelle idee sulla gestione dei mezzi di produzione da parte dei riformisti, socialisti, democratici, l'incontro e la fusione tra queste due anime è non solo auspicabile ma addirittura necessario ed urgente per fermare il declino di questo ns Paese.
Liberali e socialisti di Luigi Einaudi
Se alla «libertà» non può aggiungersi aggettivo veruno, alla «uguaglianza» fa d’uopo forzatamente aggiungere un chiarimento non agevole ad annunciare, il quale giovi ad escludere trattasi di uguaglianza aritmetica e perciò tirannica. La formula meno impropria è forse quella dell’uguaglianza «nei punti di partenza». Ogni uomo deve essere inizialmente posto nella medesima situazione di un altro uomo; sicché egli possa riuscire a conquistare quel posto morale, economico, politico, che è proprio delle sue attitudini di intelletto, di carattere morale, di vigore lavorativo, di coraggio, di perseveranza. L’uguaglianza ha così innanzitutto un valore giuridico universale: nessun uomo deve essere posto dalla legge in condizioni di inferiorità rispetto ad ogni altro uomo, per motivi di sesso, di colore, di razza, di religione, di opinioni politiche, di nascita, di appartenenza ad un determinato ceto o classe sociale. Sull’uguaglianza giuridica non nascono e non possono nascere divergenze tra liberali e socialisti. L’uguaglianza nei punti di partenza ha altresì un contenuto economico e sociale. (…) Qual è il contenuto sostanziale dell’uguaglianza giuridica per chi nasce da genitori provveduti di mezzi decorosi o larghi o larghissimi e il bambino nato tra gli stracci da genitori miserabili? (…) Su taluna materia di porre rimedio alla disuguaglianza nei punti di partenza vi è sostanziale concordia tra liberali e socialisti, ed è per quel che riguarda l’apprestamento – a spese di tutti – di mezzi di studio, di tirocinio, e educazione aperta a tutti. Scuole gratuite elementari, refezioni scolastiche, opere postscolastiche, borse di studio per i meritevoli, (…) sono patrimonio comune delle due tendenze politiche. Ad uguale sentenza si giunge rispetto a quei provvedimenti intesi ad instaurare parità di punti di partenza tra uomo e uomo con le varie spese di assicurazioni sociali: contro la vecchiaia e la invalidità, contro le malattie, a favore della maternità, contro la disoccupazione e somiglianti. (…) La divergenza tra le due parti è di temperamento; i liberali più attenti ai meriti e agli sforzi della persona sono propensi a tenersi stretti nell’ammontare dei sussidi, laddove i socialisti, meglio misericordiosi verso gli incolpevoli, sono pronti a maggiori larghezze. Né il contrasto è dannoso, perché giovi alla scoperta del punto critico, per il quale si opera il trapasso dal bene al male sociale. (…) Liberali e socialisti sono dunque concordi nell’affermare che lo Stato deve intervenire, come in tante altre cose, nelle faccende economiche; né può lasciare gli uomini liberi di agire a loro posta, fuori di un qualunque regolamento statale. In che cosa sia il contrasto delle due specie di uomini, liberali e socialisti, pur concordi nella necessità dell’intervento dello Stato, non è agevole dire; ma dovendo fare il tentativo, dico che l’uomo liberale vuole porre le norme osservando le quali risparmiatori, proprietari, imprenditori, lavoratori possono liberamente operare; laddove l’uomo socialista vuole soprattutto dare un indirizzo, una direttiva all’opera dei risparmiatori, proprietari, imprenditori e lavoratori anzidetti. Il liberale pone la cornice, traccia i limiti dell’operare economico; il socialista indica e ordina le maniere dell’operare. Dico subito che, come per ogni altra distinzione, anche questa non è netta e sicura; ben potendo darsi che anche il liberale in certi casi ordini e diriga e il socialista consenta a chi opera di muovesi liberamente a suo talento.Prediche inutili, Einaudi, Torino 1959, pp. 209-2
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